Le tradizioni di Dolceacqua
Dolceacqua è un paese in cui la vita scorre secondo i ritmi e le abitudini di una civiltà contadina partecipe al mondo moderno, che però non ha dimenticato la propria identità culturale. Qui l'uomo e i suoi sentimenti rimangono i protagonisti di un mondo autentico, ancora distante dalle frenesie del nostro tempo.
Dolceacqua ha conservato anche tradizioni nate nel passato del suo mondo contadino e nelle vicende della sua storia.
San Sebastiano
La prima manifestazione dell’anno è la processione di San Sebastiano, che si svolge la domenica piu’ vicina alla festa del santo (20 gennaio).
La solenne processione riprende, in chiave cattolica, un culto invernale precristiano, con l’albero dei falsi frutti a significare la gloria della fertilità e della fruttificazione. Era ritualità delle latine “Ferie sementine”, durante le quali si procedeva alla lustrazione dei campi e si offriva a Cerere e a Terra una pozione di latte e mosto cotto, mentre le giovenche, adoperate nei lavori dei campi, venivano inghirlandate di fiori e lasciate a riposo.
Le popolazioni celto-liguri provvedevano alla purificazione dei campi, celebrando “Imbolc”, festa lustrale del primo febbraio e con questa la fine dell’inverno. I greci Massalioti portavano il ramo dei supplici, ricolmo di primizie di ogni specie, per indicare la fine della sterilità.
Nei giorni precedenti la festa i “Bastianìn”, antichissima confraternita, provvedono a tagliare e modellare, il grosso arbusto di alloro scelto, adornando ogni fronda con numerose “négie”, ostie variopinte preparate nel corso di lunghe veglie notturne, nei giorni precedenti.
Per integrare le imperfezioni nella sagoma della chioma, esperti artigiani integrano artificialmente i vuoti tra i rami autentici con fronde ricuperate da altre piante, operando veri e propri intarsi nel tronco originale e sostenendo i “riporti” con appositi tiranti. Un lavoro paziente e ponderato, frutto di esperienze millenarie.
Al termine della funzione religiosa, i rami vengono recisi ed offerti, carichi delle loro ostie, a ciascuno dei presenti, che conserverà con particolare cura il gradito feticcio, ottenuto in cambio di una donazione spontanea. Per tradizione, la cima svettante, opportunamente segnata nell’addobbo, col colore uniforme delle “négie”, viene consegnata al donatore della pianta.
La festa della Michetta
Dolceacqua è fedele custode di altre tradizioni, prima fra tutte la festa della Michetta, un dolce tipico locale, che si svolge il 16 di agosto a ricordo dell’infame jus primae noctis preteso dal tiranno Imperiale Doria nei confronti delle giovani spose e cancellato insieme ad altri soprusi nel 1364 da una sollevazione popolare. Da allora il semplice dolce, una specie di brioche dalla forma carateristica, viene chiesto dai giovani alle ragazze, che lo distribuiscono in segno di simpatia nel corso di una allegra scorribanda musicale fra i carrugi del paese.
I fuochi di Natale
A Natale, sulle due piazza principali del Borgo e della Terra vengono accesi grandi falò quale simbolo di partecipazione alla festa più intima dell’anno. E’ tradizione che i giovani del paese vadano a raccogliere legna per alimentare il fuoco del proprio rione per fare a gara a far durare il fuoco il più a lungo possibile.
Mi viene in mente che da bambino, come tutti quelli Dolceacquini, già un mese prima del Natale, andavo in cerca della legna per “I FEOGHI DU BAMBIN”. A TERA – U BURGU – A FRAVEGA sono gli storici quartieri che ospitano tali fuochi.
Erano giorni veramente belli e non dico la rivalità tra bambini dei tre quartieri.
La competizione era portata a volte anche all’eccesso; addirittura ci rubavamo a vicenda le legne; le nascondevamo e poi la sera di Natale, quando, i soliti “mugugnatori” dicevano: guarda che poca legna hanno questi della Fravega (ad esempio); allora come d’incanto si tirava fuori dai nascondigli la legna e lasciavamo con un palmo di naso qelli che come al solito “criticano”.
I bambini di allora avevano poco, però si divertivano “un mondo”.
La pallapugno (u balùn)
La sua nascita risale ai primi dell’800. I giocatori sono divisi in squadre da quattro persone, chiamate quadrette: un battitore, una spalla, due terzini, che proteggono il braccio con strisce di cuoio e bende poiché la palla da colpire è di gomma dura.
Le squadre si danno battaglia nel mese di settembre sul selciato tra la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate e la palazzata della piazza attirando, oltre agli amanti del balùn, tanti stranieri incuriositi da questo storico sport.